Commento alla Sentenza del Tribunale di Cagliari, Sez. I Penale, n. 2395 del 16/06/2015
Nella sentenza che si annota [vedi sentenza] il Tribunale di Cagliari si occupa di alcune problematiche relative all’individuazione del momento consumativo del reato di frode informatica (art. 640 ter c.p.) e della conseguente determinazione della competenza territoriale.
Va, preliminarmente, richiamato il disposto dell’art. 11 della legge n. 48 del 2008, che ha novellato l’art. 51 c.p.p. (inserendo il comma 3-quinquies), ove è previsto che: “Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 414-bis, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 609-undecies, 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 640-ter e 640-quinquies del codice penale, le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), del presente articolo sono attribuite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente”.
Com’è noto, il reato di frode informatica previsto dall’art. 640 ter c.p., al pari del reato di truffa, è un reato di evento e il momento consumativo deve essere individuato nel conseguimento dell’ingiusto profitto da parte dell’agente, con correlativo danno patrimoniale altrui. In particolare, con l’attività manipolatoria, l’agente simultaneamente provoca il danno nei confronti del titolare del sistema informatico e consegue, altresì, il profitto ingiusto.
Secondo la Giurisprudenza di legittimità, ai fini della determinazione della competenza territoriale, nel reato di frode informatica il momento consumativo va individuato nel luogo di esecuzione della attività manipolatoria del sistema di elaborazione dei dati, che può coincidere con il conseguimento del profitto anche non economico (fattispecie nella quale il luogo di commissione del reato è stato individuato nella sede della società gestita dagli imputati, presso la quale si trovavano i server contenenti i dati oggetto di abusivo trattamento; ex multis Cass. Pen., Sez. VI, 14 dicembre 1999, n. 3067; Cass. Pen., Sez. III, 15.06. 2012, n. 23798, Cass. Pen. Sez. I 7 novembre 2014, n. 46101).
Tuttavia, nelle fattispecie concrete, non sempre risulta agevole individuare, secondo la regola generale di cui all’art. 8 c.p.p., il luogo in cui l’attività manipolatoria sia stata effettuata e le difficoltà aumentano soprattutto nelle ipotesi in cui la “truffa” sia perpetrata mediante l’utilizzo di carta prepagata (ad. es. la Postepay).
Infatti, la carta Postepay è una carta prepagata che non accede direttamente ad un conto corrente – dal quale sia possibile individuare il luogo presso il quale è stato attivato – e può essere utilizzata praticamente ovunque, anche mediante portale online.
Per queste ragioni, spesso gli elementi che emergono dalle attività di indagine non sempre sono sufficienti per consentire una corretta ricostruzione del luogo di consumazione del reato.
Nel caso in esame l’imputato, alterando il funzionamento del sistema informatico, delle Poste Italiane, sottraeva dalla carta postepay della vittima la somma di € 192,00, ordinando un bonifico dalla carta della vittima alla propria, così procurandosi un ingiusto profitto. Fatto commesso nel settembre 2010, tramite internet.
Così, il Tribunale di Cagliari, pur condividendo quanto elaborato dalla Giurisprudenza di legittimità in ordine al momento consumativo del reato di frode informatica, ha accolto l’eccezione di incompetenza territoriale formulata dalla difesa.
Infatti, il Giudice de quo, ritenendo che, nel caso di specie, non fosse possibile, per le modalità specifiche del reato, individuare “il luogo in cui questa attività manipolatoria fosse stata effettuata”, ha sostenuto l’inapplicabilità alla fattispecie concreta degli artt. 8 e 9, primo comma, c.p.p.. e in mancanza di elementi utili ad una tale ricostruzione, ha ritenuto di dover ricorrere ai criteri suppletivi di cui all’art. 9, comma 2, c.p.p., individuando la competenza territoriale del giudice della residenza, della dimora o del domicilio dell’imputato.
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