Il voto elettronico è una realtà di cui sentiamo parlare sempre più spesso e che divide l’opinione di esperti e non. Le maggiori curiosità e i più importanti dibattiti si concentrano sul tema della sicurezza delle procedure di voto; alcune domande, infatti, possono sorgere spontanee: possiamo fidarci della macchina? I voti saranno conteggiati in maniera corretta? La segretezza e la personalità del voto possono essere compromesse?
Il voto elettronico è, in generale, il voto espresso tramite apparecchi elettronici[1], che possono essere di diverso tipo. Una particolare specie di voto elettronico che desta maggiore curiosità e perplessità è rappresentata dall’internet voting, che si caratterizza per l’utilizzo, da parte della macchina, di una connessione di rete internet attraverso la quale i voti vengono espressi e trasmessi. L’internet voting, proprio poiché sfrutta la rete internet, offre la possibilità di votare da remoto (ovvero in un luogo diverso dal seggio elettorale) e da qualsiasi dispositivo privato, in questo caso si parla di home voting o voto elettronico non presidiato, perché le operazioni di voto non sono, appunto, sorvegliate da pubblici ufficiali.
Diversi problemi sorgono in base al tipo di tecnologia utilizzata dalla macchina.
Per ciò che riguarda il voto elettronico espresso tramite dispositivi che non utilizzano la connessione internet, il principale dibattito si concentra sull’utilizzo di macchine del voto dotate di software proprietari o software open source, ovvero, rispettivamente, di software il cui codice sorgente sia tenuto segreto o messo a disposizione di chiunque. L’opinione oggi prevalente è quella di coloro che ritengono più sicura una macchina che utilizza un software open source, non solo perché chiunque ne abbia le capacità può individuare eventuali errori nel codice e così contribuire a risolverli, ma soprattutto perché la conoscibilità del codice rende pubbliche e controllabili le operazioni di voto. Un’importante pronuncia giurisprudenziale su questo punto è rappresentata da una sentenza dei giudici costituzionali della Germania del 2009, che hanno dichiarato l’incostituzionalità del voto elettronico tedesco, nella modalità con cui era stato disciplinato, proprio perché non rispettava il principio di pubblicità. La Corte ha infatti affermato che l’utilizzo di un software proprietario non consentiva il controllo sulla correttezza dello scrutinio da parte dei cittadini, violando la carta costituzionale dello Stato. Così, in seguito a questa sentenza, la Germania ha deciso di rinunciare momentaneamente al voto elettronico.
Al di là del dibattito sul tipo di software utilizzato, la sicurezza è compromessa anche nell’ipotesi in cui la macchina conteggi i voti diversamente da come sono stati espressi dai votanti. Per far fronte a questo “inconveniente”, vengono spesso utilizzate delle macchine dotate di una stampante che, stampando il voto su carta, consente all’elettore di verificare la correttezza della registrazione effettuata dalla macchina stessa. Lo scontrino emesso dalla stampante, onde evitare che l’elettore abbia la possibilità di provare il proprio voto, è inaccessibile e visibile attraverso un vetro. Lo scontrino confluisce poi in un’urna sigillata, quindi la stampa del voto offre anche la possibilità di riconteggiare i voti con i metodi “tradizionali” se dovesse rendersi necessario.
La sicurezza dell’internet voting, invece, è garantita tramite dei protocolli crittografici, ovvero utilizzando tecniche per le quali i messaggi vengono cifrati e possono essere letti solamente da chi possiede la chiave crittografica giusta per decifrarli. Il grado di sicurezza delle tecniche utilizzate, poi, varia in base alla complessità della chiave crittografica e quindi alla conseguente difficoltà di risalire alla stessa o al modo in cui i messaggi vengono inseriti e gestiti all’interno del sistema.
Da un punto di vista meno tecnico e più giuridico, l’internet voting, se espresso da dispositivi personali (ovvero quando non è presidiato) solleva problemi di segretezza e libertà del voto, dato che è materialmente impossibile verificare che ogni elettore voti senza la presenza di terzi i quali potrebbero influire, anche illegalmente, sul voto stesso. In Italia, questi problemi assumono rilievo costituzionale, dal momento in cui i principi di segretezza e libertà sono sanciti dall’art. 48, comma 2 della Costituzione. Lo stesso articolo, poi, introduce nell’ordinamento anche i principi di personalità e uguaglianza del voto, per cui se volessimo introdurre un sistema di voto elettronico, questo dovrebbe anche garantire che ogni elettore non voti più di una volta e che voti, appunto, personalmente e non deleghi l’esercizio del suo diritto a terzi. Questi principi sono oggi tutelati tramite l’identificazione dell’elettore effettuata dal personale di seggio, che annota nel registro i nominativi di coloro che hanno già votato, assicurandosi che non votino una seconda volta. L’identificazione, però, può essere anche elettronica, in questo caso il cittadino si identifica tramite una carta d’identità elettronica o metodi di identificazione biometrici e il sistema può impedire l’accesso al voto con credenziali già utilizzate.
Il voto elettronico porta con sé anche indiscutibili vantaggi, come la completa eliminazione delle schede nulle. La macchina, infatti, impedisce errori di compilazione della scheda e l’apposizione di eventuali segni di riconoscimento sulla stessa. L’elettore non deve più scrivere il nome del candidato, ma deve semplicemente selezionare tra le opzioni visualizzate sullo schermo, oppure può scegliere di non selezionarne nemmeno una, lasciando la scheda “bianca”. La macchina guida l’elettore nella procedura di voto, rendendo impossibile selezionare più candidati di quelli consentiti e chiedendo conferma delle opzioni selezionate prima di concludere la sessione di voto. In questo modo le schede sono necessariamente compilate nel modo corretto e, di conseguenza, non possono essere nulle.
Per ciò che riguarda il concreto utilizzo del voto elettronico, nel nostro Paese ad oggi sono state condotte diverse sperimentazioni, tutte a livello locale e mai sull’intero territorio nazionale, l’ultima delle quali ha avuto luogo in Lombardia nell’ottobre 2017 in occasione del referendum sull’autonomia regionale delle regioni Lombardia e Veneto. Il caso ha suscitato polemiche non solo per l’elevata spesa affrontata dalla Regione per acquistare le macchine per il voto, ma anche per lo scarso successo in termini di tempistiche: durante la fase di spoglio, infatti, sono sorti dei problemi tecnici che hanno rallentato le procedure, rendendole addirittura più lunghe rispetto a quelle necessarie per lo spoglio manuale “tradizionale”. Le polemiche non si sono placate con la fine delle procedure di voto, ma hanno poi riguardato l’impossibilità di ridestinare le macchine ad altri scopi a causa della loro inadeguatezza a qualsiasi altro utilizzo.
Oltre i confini del territorio nazionale, un caso interessante è quello dell’Estonia, poiché questo Paese utilizza il voto elettronico con successo dal 2005. L’Estonia utilizza un sistema di internet voting per il quale il cittadino ha la possibilità di votare nei dieci giorni antecedenti alle elezioni anche più di una volta, il voto più recente annulla quelli precedenti. Inoltre, per evitare eventuali influenze e condizionamenti durante l’espressione del voto non presidiato, viene data la possibilità di votare anche in seggi presidiati con le tradizionali modalità del voto cartaceo e il voto espresso al seggio prevale su quello eventualmente già espresso su internet.
Ci sono poi dei paesi che non hanno avuto esperienze positive come l’Estonia, come la Norvegia e la Finlandia che, al contrario, hanno deciso di abbandonare il voto elettronico per ragioni legate più che altro alla sicurezza o alla scarsa fiducia degli elettori sul sistema di voto. La Germania, invece, è tornata al voto cartaceo a seguito della sentenza costituzionale di cui ho parlato prima, che dichiara incostituzionale il voto per mancanza di pubblicità delle operazioni elettorali.
La decisione di un paese di adottare il voto elettronico può derivare dalle più svariate esigenze, come diverso è il modo di gestirne l’utilizzo; ogni Stato, infatti, può “modellare” la procedura di voto nel modo in cui ritiene più adeguato e consono ai propri principi e alle proprie leggi, esattamente come accade per il voto cartaceo.
In Italia difficilmente è adottabile il
voto elettronico nella sua forma non presidiata a causa della impossibilità di
garantire i principi sanciti dall’art. 48 della Costituzione: come ho già
accennato, quando l’elettore vota in un luogo non presidiato, infatti, è
materialmente impossibile controllare e garantire che sia solo e non subisca
nessun tipo di condizionamento, lecito o illecito, o che un altro soggetto voti
al suo posto. Diversa considerazione va fatta per il voto
elettronico presidiato che, invece, può essere una valida alternativa al voto
cartaceo poiché, se introdotto nel modo corretto e con i giusti accorgimenti
(quali, per esempio, la verificabilità del voto da parte del votante, macchine
all’avanguardia riutilizzabili per più elezioni e personale competente) potrebbe
non solo eliminare le schede nulle e semplificare le operazioni di voto, ma
anche ridurre drasticamente le tempistiche della fase preparatoria e di quella
di spoglio. Un non meno importante vantaggio che deriva dall’utilizzo delle
macchine sarebbe dato, infine, dalla possibilità per alcuni soggetti portatori
di handicap di votare autonomamente, senza la necessità di un accompagnatore.
A cura di Giulia Selis
[1] È interessante notare che talvolta si parla di voto elettronico anche in riferimento a quelle procedure di voto che vedono automatizzata solo la fase dello scrutinio e non anche quella dell’espressione del voto da parte dell’elettore, ma in questi casi l’espressione “voto elettronico” è utilizzata impropriamente; sarebbe, infatti, più corretto parlare più semplicemente di “scrutinio elettronico”.
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