La Corte di Cassazione è di recente intervenuta, con la sentenza n. 14416 del 27 Marzo 2013, ribadendo l’inopponibilità dell’obbligo di apporre il contrassegno SIAE sui supporti e la conseguente disapplicazione della norma da parte dei giudici, in tutti i casi precedenti la notifica da parte dell’Italia delle regole tecniche, avvenuta nel 2009.
La sentenza citata ribalta quanto deciso dai giudici di grado inferiore, i quali avevano condannato un uomo per il reato di cui all’art. 171-bis e 171-ter, l. 22 Aprile 1941 n. 633 (Legge sul diritto d’autore) e per il reato di ricettazione di cui all’art. 648 c.p., per aver detenuto ai fini di vendita alcuni supporti contenenti musiche, videogiochi abusivamente duplicati e privi del contrassegno SIAE (fatti avvenuti nel 2006). Tralasciando le motivazioni del ricorso addotte dalla difesa, la Corte Suprema ritiene inapplicabile al caso di specie la norma che impone l’obbligatorietà del contrassegno sui supporti digitali, facendo venir meno uno degli elementi costitutivi del reato punito e previsto dagli artt. 171-bis e 171-ter, e conseguentemente anche il reato di ricettazione, in quanto all’epoca dei fatti era consentita la detenzione e la ricezione da parte di terzi di supporti privi del contrassegno SIAE.
La travagliata vicenda che ha visto protagonista il contrassegno SIAE ha origine infatti quando la Corte di Giustizia Europea, con la sentenza “Schwibbert”, ha sancito l’inapplicabilità dell’apposizione obbligatoria del contrassegno sui supporti (in particolare i CD-Rom), sancita con il D. Lgs. 16 novembre 1994, n. 685. Nelle motivazioni la Corte ritiene che l’introduzione del contrassegno SIAE debba essere considerato una “regola tecnica”, ovvero un requisito obbligatorio ai fini della commercializzazione del prodotto (come definito dalla Direttiva Europea 98/34/CE), e pertanto, affinché sia adottata, deve prima essere notificata alla Commissione. La mancata notificazione da parte dello Stato italiano ha così comportato l’inapplicabilità di questa norma fino a che nel 2009 è avvenuta la notifica della regola tecnica, introdotta nuovamente attraverso il DPCM 23 febbraio 2009.
Se con il decreto del 2009 il governo italiano aveva salvato i contrassegni apposti in precedenza, di fatto impedendo la restituzione delle somme fino ad allora indebitamente versate alla Società Italiana degli Autori ed Editori, tali effetti retroattivi però non hanno alcuna efficacia in materia penale. Pertanto prima dell’anno 2009, come già affermato in precedenti pronunce dalla Suprema Corte e confermato con la sentenza in commento, non costituisce illecito, ne risulta essere penalmente rilevante la detenzione, la commercializzazione, il noleggio, eccetera, di supporti privi del contrassegno SIAE.
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